Di lui conservo tutto, soprattutto i testamenti che mi ha regalato, specie uno che ho adottato in maniera totale: “Lasciamo che siano i fatti a parlare. Il resto sono chiacchiere e politica, da cui voglio tenermi lontano”. Da parte mia continuo con l’impegno assunto in una giornata di ordinaria violenza a Baghdad: di portare avanti i nostri “blog paralleli”, segno di un’immortalità almeno virtuale che anche gli amici della sua Zonker Zone continuano comunque a perpretare. Cosa mi resta di lui, oltre al ricordo? L’ormai rituale vignetta di Lucrezia Colombo, amica umbra a ridosso di Preci: ritrae su una gigantesca balena un piccolo gabbiano che m’illudo essere io, forse in memoria di quella luna e quella torre che ci hanno sempre accompagnato e unito. Poi un altro splendido ricordo di un grande artista, Mauro Biani. Infine un file con quelle foto inedite, confuse nella città di al Sadr, una terra arida, velenosa che ha visto il suo ultimo sguardo inguaribilmente curioso. In un inferno di spari riuscivamo a parlare di pace e di libertà, e anche dei figli. Troppo poco forse per un reporter di razza. Ma mi basta.
Adesso è tornato a Milano, la sua città di adozione, nel cimitero monumentale. Sicuramente un atto dovuto a un grande, così gli amici di sempre potranno andare a onorarlo. Ma, scusatemi, non sono sicuro per niente che lui ne sia felice. So che lui piaceva parlare sottovoce, senza grancassa. Basta leggere le sue inimitabili istruzioni per un funerale.
p.s. Infine, un appello personale. So che ci sono ancora tanti misteri sul suo sacrificio. Voi che lo conoscete meglio, parlate di lui, di quello che era e che ha lasciato. Ma smettetela di discutere del suo ultimo viaggio a Najaf. Spesso sono ricordi pieni di inesattezze, e anche di bugie. Non potete saperne di più di noi che c’eravamo, e c’è chi ancora non dice la verità. Pino Scaccia
[26 agosto 2004] “Guardando il cielo stellato ho pensato che magari morirò anch’io in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo, tutto fa parte di un gigantesco divertente minestrone cosmico, e tanto vale affidarsi al vento, a questa brezza fresca da occidente e al tepore della Terra che mi riscalda il culo. L’indispensabile culo che, finora, mi ha sempre accompagnato”. (Enzo G. Baldoni)
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